Un disordine nuovo e anche babelico
Così scrivono nel prologo del libro “Babel” Zygmunt Bauman e Ezio Mauro:
“Siamo forse anche noi tutti babilonesi, o di proposito o per default? Giocatori d’azzardo per decreto del destino o per le nostre scelte passate o dei nostri antenati, ormai cristallizzate nella condizione umana?
Non proprio. Non solo. Proviamo a integrare questa potente rappresentazione di Borges con una piccola storia che Aristotele ci racconta nella sua Metafisica. Un uomo, per paura di essere derubato, nasconde il suo tesoro in un campo. Un altro «scava una buca per piantare un albero e invece trova un tesoro». Ciascuno di loro compie deliberatamente un’azione volta a un fine che vogliono raggiungere, e tuttavia irrompe il caso che, combinando quei due atti, provoca un risultato inaspettato, non voluto, di certo non perseguito.
Complichiamo allora la metafora di Borges: anche quando non firmiamo cambiali in bianco e non ci affidiamo solo alla speranza, alle nostre decisioni, alle nostre azioni — piccole o grandi, private o collettive — si aggiunge il caso con i suoi effetti imprevisti, inattesi, non perseguiti. Come osservava Alan Turing: «Lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza».
Che può dirci questa grande metafora? Forse che tra la Babilonia immaginata da Borges e il mondo che ci aveva promesso la modernità, quello che Jean-Paul Sartre aveva sintetizzato con la formula sublime «la scelta che io sono», ci siamo noi, abitanti di uno spazio e un tempo stirato, mobile, smaterializzato, in cui è sovrano, come forse mai prima, il principio dell’eterogenesi dei fini. È l’interregno, un disordine nuovo e, ancora, babelico”.
Maurizio de Tilla
(Presidente ANAI)
09/01/2019
Documento n.12291